Quale scrittura
per le inconcepibili stragi?
Ci viene da chiedergli perché non abbia scelto il suo mezzo stilistico più naturale, e cioè quello narrativo, per tenere a bada la commozione dinnanzi allo sterminio.
«Non credevo di avere la forza necessaria per trattarlo in modo degno. Non c’è niente di peggio che affrontare
in maniera inadeguata argomenti che consideriamo sacri.
Sono davvero pochi i romanzi che riescono
a raccontare con sensibilità la storia atroce del massacro.
In letteratura c’è il rischio di sminuire la storia, schiacciando l’intento civile sotto l’urgenza del lavoro letterario.
Ma interviene anche una ragione storica:
può anche darsi che la ferita mentale che ci è stata impressa sia immedicabile.
E che tocchi ad altre generazioni letterarie inoltrarsi in un terreno così insidioso»
S. Fiori, Meneghello e l’Olocausto, La Repubblica, 16 settembre 1994